mercoledì 11 luglio 2012

Ora fondiamo il Partito del Nord

da Italia Oggi
Miglio aveva ragione, Bossi lo ha tradito. Ora è Merkel a volere l'Europa delle macroregioni

Ora fondiamo il partito del Nord

Bassetti: nasca l'Europa delle regioni, gli Stati si dissolvano
 

Napoli non è Berlino 12 luglio 2012 presentazione del libro di Isaia Sales

evento organizzato dal Partito del Sud a Napoli 
Giovedì 12 luglio 2012 - dalle ore 19:00  alle ore 20:30
Libreria Treves, porticato di piazza del Plebiscito - Napoli
 
presentazione del libro di Isaia SalesNapoli non è Berlinouna riflessione condivisa sul bilancio degli ultimi vent'anni
e sulle prospettive politiche ed economiche su cui basare il riscatto del Sud
 
Incontro con l'autore
 
 
NAPOLI NON E' BERLINO (Isaia Sales - Baldini Castoldi Dalai, 2012)
 
Partiamo dai numeri: 6600 chilometri di strade e 715 di autostrade. In poco più di vent'anni la Germania ha riversato nei lander dell'Est 1500 miliardi di euro. In 58 anni l'Italia concede al suo Sud una somma cinque volte inferiore. I numeri raccolgono un sentimento, una visione, un'idea di nazione. E Isaia Sales illustra la decadenza morale di Napoli e del Mezzogiorno, la stella caduta di Antonio Bassolino, leader meridionale che ha guidato la stagione dei sindaci ma non è stato all'altezza della forza rivoluzionaria della sua investitura, dentro la cornice di ignavia nazionale. Il successo di Berlino, capitale di tutta la Germania, punto geografico dove la riunione dell'oriente con l'occidente si fa sentimento collettivo, diviene anche forza letteraria espressiva, cultura nuova e aggregante. La città italiana invece resta sola e assediata dalle sue colpe. Sales non risparmia nulla a Bassolino, insieme al quale ha conosciuto la mortificazione di un fallimento consistente, senza appello. Non giustifica l'ex leader, ma chiama in causa quegli altri. I compagni di Roma, coloro che guidavano il partito e poi il Paese. E non hanno capito, né aiutato, né vigilato. Se Napoli non è Berlino c'è un perché. (Antonello Caporale - la Repubblica/Cultura 3 giugno 2012)

martedì 3 luglio 2012


Napoli e Torino nel 1860 come Berlino e Atene oggi

una ricerca paragona l’unificazione dell’Eurozona a quella italiana

Angelo Forgione - Un’altra spallata alla retorica risorgimentale, l’ennesima. Sull’attualissimo tema della crisi del debito sovrano in cima all’agenda politica in Europa in quanto ostacolo all’unificazione politico-economica degli Stati membri, irrompeStéphanie Collet, ricercatrice dell’Université Libre de Bruxelles, che ha pubblicato la ricerca“Un’Italia unificata? - Il Debito Sovrano e lo scetticismo degli investitori” riportata anche dal “Sole 24 Ore” in cui solleva la necessità di studiare il rischio attuale inquadrandolo in una prospettiva storica prendendo a modello per l’Europa il processo di unificazione italiano del 1861 e la conseguente unificazione monetaria tra il 1862 e il 1905.
Nel suo lavoro, la ricercatrice dimostra che la nascita dell’Italia generò un debito pubblico comune derivato dalla somma dei debiti sovrani dei sette Stati preunitari e verifica l’andamento dei rendimenti delle obbligazioni sovrane dei diversi Stati italiani sulle borse di Anversa, Parigi e Londra, prima e dopo l’unità, dove rimasero quotate fino al 1876 seppur risalenti a prima del 1861 (le emissioni del Regno delle Due Sicilie erano indicate come “Italy-Neapolitan”) a testimonianza del fatto che il mercato finanziario dell’epoca non dava per assodata la sopravvivenza del “progetto Italia unita” dei piemontesi. Il presupposto fondamentale della ricerca è il forte indebitamento del Regno di Sardegna causato dalla natura bellico-militare del Piemonte e caratterizzato da tassi d’interesse elevati, a fronte del sistema economico virtuoso con ridottissimo debito del Regno delle Due Sicilie cui i Savoia fecero pagare il peso finanziario della conquista. Un’altra conferma del fatto che il catastrofico debito pubblico italiano sia stato creato dal Nord piemontese.

La Collet offre delle considerazioni sull’esempio italiano: «Come l’Italia di allora, l’Europa oggi è fatta da stati eterogenei, con economie di dimensioni e condizioni diverse, che parlano lingue diverse e hanno sistemi di imposizione fiscale separati. Il Regno di Napoli economicamente era per l’Italia quello che oggi la Germania è per l’Eurozona. Come il Regno di Napoli prima dell’integrazione del debito sovrano, la Germania di oggi è l’economia più forte dell’Eurozona e beneficia del costo del debito più basso in assoluto». Poi la considerazione che fa trasalire gli storiografi di sistema che, come al solito, giunge dall’estero, quindi neutrale e non di parte: «Napoli era di gran lunga la città più importante del neonato Regno d’Italia. E le regioni del Sud avevano una discreta struttura industriale, un’agricoltura fiorente sia pure basata sul latifondismo, e importanti porti commerciali. In un certo senso, facendo un parallelo, Napoli e Torino erano la Berlino e la Atene dell’epoca e il debito napoletano fu quello che più fu penalizzato dall’unificazione dei debiti».La ricerca della Collet è complementare ad un approfondimento dell’ex rettore dell’Università di Buckingham Martin Jacomb che sul Financial Times del Luglio 2011 evidenziò come la Grecia abbia subito un impoverimento permanente dopo l’adozione dell’euro analogo a quello che il meridione d’Italia subì dopo l’unità e la conseguente adozione della lira.
Esempi calzanti anche se conservano un distinguo essenziale. Gli interessi economici delle massonerie internazionali, nel caso italiano del 1860, si sposavano con quelli sociali e religiosi. All’Inghilterra anglicana, sovrana di quell’Europa, l’Italia unita era funzionale alla cancellazione del potere temporale del Papa e al potere economico-marittimo nel Mediterraneo del cattolico Borbone. Gli interessi erano molteplici mentre oggi tutto è “ridotto” a una questione monetaria. Inoltre il Piemonte invase il Regno delle Due Sicilie e lo costrinse con le armi a pagare il proprio debito pubblico mentre oggi la guerra monetaria europea non si combatte con le armi ma con i soldi, e appare davvero arduo che la solvibile Germania, vincitrice del conflitto economico contemporaneo, accetti di essere penalizzata dal pagamento del debito dei paesi europei poveri.
“Ccà nisciuno è fesso”, che proverbio bugiardo! Meglio “Ka nischün è fessen”.
Fonte: Blog di Angelo Forgione, Movimento V.A.N.T.O.