martedì 8 novembre 2011

PAOLO, LO SCEMO DEL VILLAGGIO

Replicare a un cretino come Paolo Villaggio e’ fin troppo facile ma l’ occasione della sua ennesima bestialita’ a sfondo razziale e’ proficua per analizzare un po’ la questione della “mentalita’”, un eufemismo usato dai politicamente corretti per indicare in realata’ un popolo o una categoria.
Infatti, qual’ e’ la mentalita’ dei Liguri o dei Pescaresi?
Se fosse vero che a 150 anni di distanza abbiamo conservato entrambi cosi’ profonde radici, ci sarebbe da rallegrarsene, sarebbe davvero un esempio eccezionale di attaccamento alle proprie identita’ e alla propria specificita’. Purtroppo non e’ cosi’. Tra il cesso ligure e il cesso pescarese che competono per poter entrare nel “grande fratello”, che differenza c’e'? A parte una leggera inflessione dialettale, sono identici, due mostri sub umani appartenenti in tutto alla stessa identica specie e che si riconoscono pienamente nella stessa comunita’ di idioti.
Altrettanto possiamo dire per molte altre questioni. Le statistiche sui divorzi, sulle storiacce infami di corna e scambisti che imperversano, perfino per l’inconsistenza dei loro cosiddetti “rappresentanti politici”, non mostrano segni inequivocabili di distinzione geografica, a meno di non enfatizzare modeste differenze percentuali.
Trovate “borbonico” D’Alema e “anglosassone” Casini? Scambiate le inflessioni dialettali e faticherete a riconoscere chi dei due e’ quello giusto.
O vi sembra “Anglosassone” l’ebete sindaco di Genova mentre sarebbe “Borbonico” l’altrettanto ebete sindaco della nostra citta’? Sono uguali.
Uguali sono i settantenni che “sognano un amore” e cosi’ lasciano la povera moglie o il povero marito che magari ha una grave malattia, soli e senza aiuto, per farsi “una compagna” o un nuovo “compagno” che dura si e non un anno solare. Uguali sono i dirigentelli delle grandi e medie aziende, manager maneggioni e mangioni, ignoranti, arraffoni e coglioni che sono stati sfornati dalle varie Bocconi o Luiss e non hanno fatto una sola giornata nel cantiere o nella fabbrica a vedere almeno come si lavora.
Dove sono i Borbonici o gli Anglosassoni Vittoriani in queste squallide vicende?
Eppure e’ questa la mentalita’ che prevale, nelle Duesicilie come in Padania, a livello di volgo e a livello di classe dirigente. E’ la mentalita’ di chi non vuole e non sa prendersi una responsabilita’, che antepone il godimento piu’ volgare a qualsiasi altra cosa, perfino ad altri piu’ elevati godimenti, figuriamoci al dovere o all’ etica. Questa lordura viene da lontano, Paolo, lo scemo del Villaggio, dovrebbe esserne cosciente, visto che ha vissuto la tragedia di un figlio tossicodipendente ma a quanto pare non lo e’.
La mentalita’ che ha unificato non solo l’ Italia padana a quella duosiciliana ma anche l’ Albania, la Romania, la Francia, la Germania……. chi piu’ ne ha, piu’ ne metta, e’ quella indotta dal consumismo e dalla guerra senza tregua ai valori “tradizionali” che in realta’ sono semplicemente universali, portata avanti dalle elite mondialiste (chiamiamole pure massoniche ma rispetto ai massoni ottocenteschi, questi sono la mala copia sia per obiettivi sia per capacita’).
Il consumismo prevede innanzitutto uguaglianza di gusti ovunque e quindi senza troppe distinzioni tra borbonici, anglosassoni e teutonici.
Azzerare le caratteristiche distintive di popoli ecomunita’.
In secondo luogo prevede che ogni persona sia da sola, preda dei suoi falsi bisogni che devono essere continuamente alimentati ed esagerati, perche’ sia schiava del contingente e dei propri vizi.
L’esempio assoluto sono il fumatore accanito e il beone che spendono mucchi di denaro per cose che gli fanno male, li fanno stare male ma di cui non sono in grado di liberarsene perche’ ne sono psicologicamente, prima ancora che fisicamente, dipendenti. Le colpe non sono soltanto del “beone quadratico medio” che e’ diventato, in larga misura, il nostro prossimo ma del sistema che a tale punto spinge gli individui. Nessuno resta immune, anche noi, anche io che scrivo sono un “beone” anche se spero di esserlo meno del “quadratico medio”.
Prendiamo l’ esempio del dissesto idrogeologico da cui ha preso il geniale spunto lo scemo del Villaggio.
Avere un pezzo di terra che non sia edificabile e, quanto prima edificato, equivale ad avere non una rendita ma spese continue e grane infinite, senza alcun riconoscimento. Mantenere una simile proprieta’ e’ una battaglia che se non hai bei soldi in tasca, prima o poi perdi. Ho un pezzo di terra sulle colline di San Giovanni, antiche eredita’ di famiglia contadina che per me sono quasi una croce: devo continuamente spendere dei soldi, devo pagare tasse, sono perennemente assillato da richieste di pagamenti o di minacce per varie inadempienze. E non ce la faccio a pagare, cosi’ un po’ alla volta pago anche le more e le multe. Fin che riusciro’ a pagare, dopo alzero’ bandiera bianca.
Se avessi brigato per renderle edificabili, avessi fatto una di quelle villacce da bifolchi rivestiti che si vedono nei poderi accanto al mio e avessi venduto il rustico immondo col terreno incolto attorno, avrei dei soldi netti, pagata la tassa, una volta per tutte, non dovrei piu’ pagare niente e spendere niente, potrei comprare un buco fetuso al centro per affittarlo come negozio e farmi un ulteriore rendita.
Questo avviene a San Giovanni, nelle Duesicilie Borboniche ma nella integerrima Liguria Vittoriana dello scemo del Villaggio come va?
Stessa identica cosa.
Anche li’, infatti, chiunque ha potuto, ha costruito, ha cementificato, ha venduto, ha fatto il negozio, il residence, il centro sportivo o turistico, senza esitare.
Possiamo dargli torto?
Invece di prevedere una remunerazione per chi mantiene il paesaggio, manutiene le colline e i fossi, preserva il territorio, sono previste tasse e batoste appena qualcosa non va. Allora si svende, si cementifica, si distrugge, almeno si campa. La classe dirigente consumista vive alla giornata, all’ arraffo, non pensa al domani. E la gente si adegua, alcuni col mal di pancia, altri ben felici ma si adeguano quasi tutti e quando si diventa “quasi” l’ effetto devastatore e’ lo stesso che se si fosse “tutti”.
Ma allora cosa fare per cambiare “mentalita’”, senza bisogno di scomodare gli illustri Borbone di cui siamo fieri e gli illustri Vittoriani anglosassoni a cui va, da “nemici”, tutta la nostra cavalleresca stima?
Intanto occorre che chi ha ancora coscienza della tragedia epocale che si sta consumando, si organizzi e metta insieme le forze con gli altri che la pensano se non come lui ma che abbiamo almeno la stessa sensibilita’.
Insieme, poi, occorre cominciare a farsi valere, smettere di subire. Servono azioni dimostrative che impediscano fisicamente all’ ennesimo ipermercato di aprire e, se non si riesce a impedire l’ apertura, per lo meno che impediscano agli ennesimi deficienti che fanno a pugni per entrare di accedere.
Dobbiamo superare le solite dotte lagnanze delle associazioni di commercianti e degli esseri “umani” schifati dei sub-umani.
Bisogna pretendere che i fondi europei non vadano a chi fa “vendemmia verde” (come non odiare queste merde europeiste che coniano perfino simili infami appellativi!).
Bisogna difendere chi coltiva la terra, sostenerlo a “trasgredire”, come hanno dovuto fare recentemente i nostri pastori per poter fare la transumanza: hanno dovuto infrangere una caterva di regole e regolamenti e rifiutarsi di pagare le multe relative, pazzesco ma e’ stato cosi’.
Dobbiamo appoggiare anche fisicamente chi chiede un riconoscimento perche’ nel suo podere ci sono alberi di alto fusto con radici profonde, insomma, bisogna aiutare in tutti i modi chi va premiato perche’ non specula e non puo’ speculare.
Questo vale anche per i piccoli negozi e gli esercizi commerciali ancora esistenti nella della citta’ e non nei centri commerciali.
Non aspettiamoci piu’ un pacifico riconoscimento dall’ alto, dovremo conquistarci la nostra tutela idrogeologica, i nostri stili di vita non devastanti, la nostra societa’ “solidale” e lo dovremo fare con la forza perche’ non si ha diritto senza forza (Dario Paccino, ex DP, lo scemo del Villaggio era un suo commilitone ma non credo abbia mai letto il libro “gli invendibili” da cui e’ tratta la frase). Quindi dobbiamo impegnarci ad essere piu’ forti, a pesare di piu’, a farci rispettare e non stare impauriti e indignati a macerare nel nostro rammarico e nella nostra indignazione.
Possiamo farcela, noi Abruzzesi a recuperare la nostra borbonica dignita’ e loro, i Liguri, a recuperare la loro, se sia quella Vitoriana anglosassone di cui parla l’ imbecille o un’altra, non importa, va bene lo stesso.

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