venerdì 28 settembre 2012

Napolitano guarda al Sud: mobilitare risorse e giovani.


L'Italia può tornare a crescere se insiste nel risanamento dei conti pubblici con una tenace politica di rigore, ma l'austerity non basta: occorre coinvolgere «tutti i ceti sociali, a cominciare dai più abbienti» e puntare ad una «piena mobilitazione di tutte le risorse economica e sociale del meridione». Questo, in sintesi, il messaggio trasmesso dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al presidente dello Svimez, Adriano Giannola, in occasione della presentazione del Rapporto 2011 sull'economia del Mezzogiorno, oggi a Roma.
La Ue sostenga gli investimenti strategici
«Occorre - si legge ancora nel messaggio - al tempo stesso un più forte impegno dell'Unione europea per sostenere investimenti strategici quali quelli relativi alla formazione delle risorse umane, alla ricerca, all'innovazione e a qualificati interventi infrastrutturali». «Nella presente difficile situazione economica destano grande preoccupazione i dati relativi all'andamento dell'occupazione in tutte le aree del paese, che riguardano in particolare il Mezzogiorno e le generazioni più giovani». In questo quadro, conclude Napolitano, occorre «operare per la ripresa di uno stabile processo di crescita, il cui conseguimento resta imprescindibilmente legato anche alla piena mobilitazione di tutte le risorse economiche e sociali del meridione».
Avanza la deindustrializzazione Meridione tallone d'aAchille dell'industria italiana
Che il meridione sia il tallone d'Achille dell'economia italiana è fatto noto che il Rapporto Svimez conferma ampiamente, evidenziando l'ulteriore passo indietro imposto dalla crisi economica. Il sud, spiega l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno è oggi a rischio desertificazione industriale, causa crollo dei consumi (non crescono da quattro anni), lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e il lavoro giovanile rimane una chimera: sono 329mila gli under 34 che hanno perso il lavoro negli ultimi tre anni.
Il rapporto sottolinea che l'emergenza riguarda la possibile scomparsa di interi comparti dell'industria italiana nel Sud. Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, il settore industriale meridionale ha perso 147mila unità (-15,5%), il triplo del Centro-Nord (-5,5%). Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9% nel 2011, e -1,3% del resto del Paese. Lo scenario é quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione, perché le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttive tali accrescere la competitività del sistema. Situazione ancora più difficile in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitors europei e asiatici.
Lo squilibrio permanente del mercato del lavoro
Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente é stato del 13,6 % al Sud e del 6,3% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione. Rispetto all'anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2%, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18% in Molise (1.900 disoccupati in più) e della Campania (+11,5%, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all'1,2%. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%)

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