sabato 7 gennaio 2012

Vicenza e l'Italia, le scuse a Pontelandolfo

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LA STORIA. Una brutta pagina dell'Unità con la strage di 440 cittadini avvenuta 150 anni fa nel Beneventano. Un vicentino tra i bersaglieri che guidarono l'eccidio
Il 14-08-2011 cerimonia di riconciliazione con Amato e il sindaco Variati A guidare le truppe Pier Eleonoro Negri, che
Per la prima volta dall'Unità, l'Italia chiede scusa a Pontelandolfo, paese del Beneventano, per la strage di 440 cittadini avvenuta 150 anni fa. E Vicenza è presente, alle ore 18, col sindaco berico, Achille Variati, assieme al presidente del Comitato dei Garanti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, Giuliano Amato, che porterà un messaggio del Capo dello Stato. Fu una delle pagine più oscure e ingloriose dell'unificazione dell'Italia, un episodio drammatico di guerra civile, che cominciò con l'uccisione di 41 soldati l'11 agosto del 1861, e si concluse qualche giorno dopo, il 14, con una violenta e brutale rappresaglia dell'esercito con eccidi di massa tra la popolazione.
Al comando dei bersaglieri, che furono vittime dei banditi meridionali e poi, per ordine del generale Cialdini (che combatté a Monte Berico) carnefici che misero a ferro e fuoco il paese, c'era il colonnello Pier Eleonoro Negri, un vicentino al quale nel capoluogo sono dedicate una via nel quartiere del Ferrovieri e una scuola elementare a Campedello.
Ieri il sindaco Variati ha telefonato al collega beneventano, Giacomo Testa, per confermare la sua presenza. Variati, secondo il programma, terrà anche un discorso, assieme ad Amato e agli storici che ricorderanno l'episodio. «Conto che la mia presenza possa dare un messaggio di unità e riconciliazione» sottolinea. Va ricordato anche che Luciano Disconzi, insegnante vicentino sposato con una beneventana, s'è dato molto da fare in questi anni per fare riemergere dall'oblio questa pagina di storia, quell'eccidio di massa di cui si macchiarono le truppe sabaude in quel piccolo centro arroccato intorno a un'antica torre una ventina di chilometri a nord di Benevento.
Tra coloro che, fra i primi, ricordarono quanto avvenne fu un gruppo rock, gli "Stormy Six" che quasi quarant'anni fa raccontarono in un long playing, intitolato appunto "Unità" l'altra faccia, quella meno conosciuta, del Risorgimento. Tra cui, appunto, in una canzone struggente, anche l'eccidio del paese campano. Fu una pagina ancora più brutta perchè ignorata, dimenticata, cancellata dalla storia ufficiale. Con quattrocento morti per vendicare 40 soldati uccisi, dieci per uno come alle Fosse Ardeatine, case bruciate, donne stuprate, una folla di vittime inermi che sembrava nessuno volesse più ricordare. Dopo anni di appelli, di attese, di proteste della cittadinanza, una lapide voluta dall'Italia ricorderà finalmente quei morti a partire da una donna, Concetta Biondi, violata e uccisa a 15 anni. E a quei morti una rappresentanza dei bersaglieri, il Corpo che mise in pratica l'eccidio, renderà per la prima volta gli onori militari. Per troppi anni dimenticato, Pontelandolfo diventa ufficialmente uno dei "Luoghi della memoria" della storia unitaria.
Le cronache riportano all'11 agosto 1861. Quel giorno 41 dei 44 soldati al comando del tenente livornese Cesare Bracci furono uccisi dai briganti della banda Giordano, ingrossata da cittadini di Casalduni, Pontelandolfo e Cerreto. Da giorni in quell'area tra il Matese ed il Beneventano erano in corso azioni di bande di ex soldati borbonici appoggiati da notabili locali ed esponenti del clero. Dopo l'uccisione dei 41 soldati partì l'ordine di rappresaglia. Di Pontelandolfo, ordinò il luogotenente del re, il generale Enrico Cialdini, «non deve rimanere più pietra su pietra».
La repressione, affidata ad una colonna di bersaglieri, fu terribile: «Al mattino del giorno 14 - scrisse poi nel suo diario uno di quei soldati, il filatore di seta valtellinese Carlo Margolfo - riceviamo l'ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne, gli infermi ed incendiarlo (...). Entrammo nel paese: subito abbiamo cominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4500 abitanti».
Nel 1973 (era sindaco Pinuccio Perugini) fu organizzato in paese un convegno di studi per denunciare per la prima volta la strage. Da allora, quasi quarant'anni fa, il Comune di Pontelandolfo chiedeva al governo "un atto ufficiale di riconoscimento", che ricordasse l'eccidio e analizzasse il fenomeno del brigantaggio post unitario perchè Pontelandolfo "non sia più nominata terra di briganti bensì città martire e simbolo della sofferta eppure amata Unità d'Italia".
Oggi alle 18 dopo gli onori militari da parte di una rappresentanza di bersaglieri, verrà deposta una corona. Seguirà la scopertura della lapide intitolate alle vittime.
FONTE: ilgiornaledivicenza.it

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