mercoledì 21 dicembre 2011

Terroni 2.0. Cambiare il Sud vivendo altrove


- Qualche tempo fa Piercamillo Falasca mi chiama e mi dice: Simona, voglio raccontare la tua storia. La tua e quella di Pasquale, Nicola, Domenico, Giovanni, Gavina, Rosamaria, Alessandra, Andrea, Francesca, Rodolfo, Valentina. Storie di terroni 2.0. Storie diverse. Storie di emigrazione intellettuale. Espatri per fame, non materiale ma di opportunità. Espatri da lande dove la ricchezza paesaggistica, culturale, umana si consuma in un’auto-combustione viziosa, irrazionale, apparentemente irreversibile. Togliete pure ‘apparentemente’.

Ci riuniamo in Terronia, una due volte, e ci raccontiamo. Lunghe chiacchierate, gaudenti tavolate, commozione e risate. Viviamo tutti altrove. Anche se per qualcuno questo ‘altrove’ non è un luogo fisico, ma il web. La Terronia ci appartiene. In Terronia però siamo tutti stranieri. La Terronia ce la portiamo dentro, ma la Terronia non ci vuole dentro. Ma cosa siamo, noi terroni dell’altrove? No, la domanda non è questa, ché in fondo non siamo altro che il nostro tempo, noi. No, la domanda vera è: cosa possiamo fare noi per Terronia?
Noi che a Terronia vorremmo restituire gli interessi maturati sul capitale umano sul quale abbiamo investito. Noi che a Terronia dobbiamo la terronaggine genetica che ci rende altro dai non-terroni, ma altro anche dai terroni-terroni. Noi che la curiosità non l’abbiamo repressa nell’indolenza ma nutrita con l’esplorazione, lo studio, l’impegno, il sacrificio. Noi che la sete di libertà non l’abbiamo sedata con la flebo dell’assistenzial-clientelismo ma nutrita con il frizzante della sfida, l’amaro delle sconfitte, il dolce delle vittorie. Noi che di Terronia vediamo le possibilità di essere viva e che quella vita, ovvero la libertà, vorremmo che Terronia scoprisse il gusto di prendersela da sé. Noi che a Terronia vorremmo aiutarla a smetterla di consumarsi. Vorremmo, ma come?
Ecco, se c’è una cosa che noi Terroni 2.0 condividiamo, aldilà del vissuto e del sentire personale, è il bisogno di contribuire a de-terronizzare Terronia.
Un bisogno che Piercamillo è riuscito a tematizzare, isolandolo dalla messe di riserve, disillusioni, persino ostilità che alla fine non c’è terrone 2.0 che non trovi insormontabile, ché cimentarsi con quel groviglio inestricabile di nodi che fanno di Terronia, appunto, Terronia è missione davvero improba.
In realtà, nel metterci insieme, nel farci raccontare, nel far venire fuori il bisogno in tutta la sua ‘prepotente urgenza’ Piercamillo ci ha già fatto fare un passo verso la soluzione. Noi Terroni 2.0 siamo qualcosa di più che un fenomeno. Siamo una lobby, culturalmente, socialmente anche economicamente affatto marginale. Abbiamo un interesse comune: la valorizzazione del patrimonio socio-ambientale nel quale sono seminati i nostri affetti. Ed abbiamo un capitale solido, di cultura civile e conoscenza, di attitudine sociale e vocazione economica, che possiamo ‘rimettere’ in terra natìa. Ci sollecita proprio a questo Piercamillo: ad impegnarci in un investimento di lungo periodo, un investimento culturale. Una progressiva, determinata, fiduciosa attività di modificazione genetica di quel campo isterilito dall’apatia, asfissiato dal malaffare, violentato da una subordinazione che si fa complicità.
Programma vasto ed ambizioso, certo. Ma a pensarci non più vasto né più ambizioso di quello nel quale siamo già tutti impegnati, come cittadini di un’Italia che si scopre la Terronia d’Europa, di un’Europa che si scopre la Terronia del mondo, di un mondo che si scopre intrappolato in un loop epocale la sortita dal quale ho come il sospetto che sarà frutto di opera comune o non sarà.
p.s.
Alla fine tutto torna: da Terronia a Terronia 2.0 (passando magari per una libreria, un bookstore online, o il sito della casa editrice Rubbettino)!

FONTE: libertiamo.it

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