mercoledì 11 luglio 2012

Ora fondiamo il Partito del Nord

da Italia Oggi
Miglio aveva ragione, Bossi lo ha tradito. Ora è Merkel a volere l'Europa delle macroregioni

Ora fondiamo il partito del Nord

Bassetti: nasca l'Europa delle regioni, gli Stati si dissolvano
 

Serve un partito del Nord, che interpreti la questione settentrionale». E «serve un partito del Sud, che raccolga l'eredità di Sturzo e Salvemini». Di più: «Serve un Secondo Risorgimento che, attraverso la dissoluzione degli stati nazionali, porti dritto all'Europa delle grandi regioni».
Le grandi regioni, come quelle teorizzate da Miglio, «che non bisogna regalare alla Lega». Piero Bassetti la pensa così; primo presidente della regione Lombardia e politico Dc di lungo corso, Bassetti si dice un neo-europeista. A ItaliaOggi spiega che «questa sfida va raccolta, per evitare che l'Euro, tra pochi anni, ci imponga di scegliere tra l'economia «bavarese» del Nord Italia e quella «greca» del Mezzogiorno». Loda la Merkel, Bassetti: «Il suo», dice, «è il progetto dell'Europa federale delle grandi regioni». E attacca Bossi: «Ha tradito il sogno di Miglio, ha scelto la secessione, il localismo».
Domanda. Lei ha proposto un partito del Nord.
Risposta. Sono da sempre convinto che il Risorgimento sia stato rovinato nel 1861 quando venne fatta la scelta di unificare il paese attraverso la via centralista. Vede, avevano ragione i meridionalisti come Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo; avevano ragione pensatori settentrionali come Carlo Cattaneo. Tutti costoro ritennero un madornale errore la scelta di unificare il paese attraverso l'uguaglianza dei territori. Unificare significa ricomporre a sintesi le diversità. Nel 1861, invece, l'errore fu nelle leggi che affidarono al centralismo l'unificazione del paese. Il Regno d'Italia ereditò le istituzioni e il corpo legislativo del Regno di Sardegna, che prevalsero rispetto a quelli della maggior parte degli stati preunitari. Una impostazione giunta fino a oggi, nonostante la Costituzione ammetta le regioni
D. Approfondisca la sua idea di partito del Nord.
R. Bisogna difendere l'unità nazionale accettando le diversità. Io credo che, tra due o tre anni, l'euro ci imporrà delle scelte. Dovremmo scegliere tra l'economia del Nord e l'economia del Sud Italia. Questo, perché la perequazione tra la produttività del Sud Italia, vicina a quella della Grecia, e la produttività del Nord del paese, simile a quella della Baviera, non potrà essere fatta in tre anni per l'azione di Roma, del centralismo.
D. E un partito del Nord è la soluzione?
R. Serve un partito del Nord, tutto nuovo, che raccolga le istanze del Nord Italia, per difendere l'unità nazionale. E stabilisca un colloquio con un analogo partito del Sud Italia.
D. A chi si rivolge? A chi parla?
R. Parlo alla borghesia milanese e del Nord Italia. E parlo a quello che è rimasto delle élite critiche del Sud Italia.
D. E ha già individuato un partito del Sud che possa fare da partner?
R. Sto cercando di capire cosa stia succedendo al Sud, dopo l'esperienza di Lombardo in Sicilia. Vedo qualche conato di élite politiche meridionali rivolte verso un nuovo approccio nazionale ed europeo in Fitto e De Magistris. In Vendola. Ma, ancora, non si vede un progetto partitico.
D. Se la sua visione si concretizza, si passerà dai partiti nazionali ai partiti di rappresentanza territoriale
R. Esatto, ma attenzione, non come la Lega, che difende le sole istanze territoriali. Il partito del Nord serve per realizzare un nuovo europeismo. Più esplicitamente, non ho paura di invocare un Secondo Risorgimento.
D. Riprende l'idea che fu di Sergio Chiamparino e Massimo Cacciari, che lanciarono anni fa il Pd federale?
R. Il progetto di Chiamparino e Cacciari era più o meno sulla stessa linea. Ma, con una non piccola differenza: sia Cacciari sia Chiamparino, per via della loro matrice centralista democratica, attribuivano la funzione unitaria a un neocentralismo nazionale. Io, al contrario, affido questo compito a un neo europeismo. Come quello tedesco.
D. La Germania? Berlino è spesso accusata di voler assorbire la sovranità degli altri stati europei.
R. Il progetto di Angela Merkel non lo ha ancora capito nessuno. La Germania è l'unico paese federalista che c'è in Europa. Il disegno della Merkel è costruire un'Europa federale delle grandi regioni. E non degli Stati.
D. Anche la Lega, agli albori, aveva diviso l'Italia in tre macroregioni. Era il progetto di Gianfranco Miglio.
R. Attenzione, non regaliamo Miglio alla Lega. A un certo punto, litigò con Bossi. Quest'ultimo si è servito del territorio per dividere. Il sogno di Bossi è la secessione. La nostra posizione, invece, è neo-europeista. Bossi, è localista. Noi siamo glocal, cioè locali, certo, ma nella globalità.
D. Ma per arrivare all'Europa delle regioni bisogna passare per la dissoluzione degli Stati?
R. Non c'è dubbio che gli Stati nazionali siano in dissoluzione in tutto il mondo. Quindi, penso alla realizzazione di una Europa delle Grandi Regioni, che sconterà la dissoluzione degli Stati.
D. Così pensa di reinterpretare la questione settentrionale?
R. Nel suo ultimo libro Carlo Trigilia dice che «non siamo mai stati cosi diversi»; sono d'accordo con lui. Ma Trigilia si illude, se pensa che il governo centrale possa fare quello che la Prima Repubblica, in 50 anni, non è riuscita a fare. In sostanza, bisogna tornare al meridionalismo di Sturzo, di Salvemini, di _ Guarasci.
D. Antonio Guarasci, il primo presidente della regione Calabria?
R. Sì, proprio lui. Vede, questi concetti erano già in nuce quando, appena nate le regioni, agli inizi degli anni '70 lanciai una partnership tra la Lombardia, presieduta da me, la Toscana di Lelio Lagorio, l'Emilia Romagna di Guido Fanti e la Calabria di Guarasci. Si confrontarono allora visioni politiche diverse, viste le diverse estrazioni politiche di ciascuno di noi.
D. Tornando all'oggi, perché la Lega non riesce più a cogliere le istanze del Nord?
R. Perché la Lega non interpreta la questione settentrionale. Ne fa solo una questione di introversione, di difesa dagli immigrati. Il Carroccio interpreta la questione locale in termini di localismo
D. Però Maroni, al Forum di Assago, ha lanciato l'idea dell'Europa Carolingia. Se alla Lega andrà la presidenza della Lombardia, assieme a Veneto e Piemonte, il progetto del neosegretario leghista è di lavorare al nucleo di un'Europa composta da, Francia, Benelux, Germania, Nord Italia.
R. Maroni ha detto una cosa intelligente. L'Europa di Carlo Magno includeva il Nord Italia assieme alla Baviera. L'Europa era divisa in due: quella continentale e quella mediterranea. In sostanza, Carlo Magno, assorbendo nel Nord Italia i Longobardi e ponendo il confine al Centrosud, aveva preso atto delle differenze. Invece, la sfida che dobbiamo lanciare oggi, con l'Europa, è ricomporre queste differenze. Non prenderne solamente atto, come avvenne nell'Europa Carolingia. Del resto, dopo Carlo Magno venne Federico II, che ebbe una visione modernamente euromediterranea. Unitaria, ma in senso imperiale. Non nazionale.
D. Nel 2009 lei del Carroccio disse: «Al fondo dello spirito di Milano c'è un'allergia per fenomeni di carenza di stile. La Lega, che pur considero interessante, vigorosa, vera, non risponde a questi canoni di gusto: il suo discorso è un pò troppo rozzo per una città sofisticata come la nostra». La pensa ancora così?
R. Certo, lo ridirei. Anzi, oggi sono ancora più severo. Allora dissi che il discorso leghista era formalente rozzo, anche se, a quel tempo, i leader leghisti ragionavano ancora in modo simile a Miglio. Poi hanno fatto la scelta dei localisti_
D. Lei viene dall'area cattolico-sociale della DC. È stato il primo e unico governatore della regione Lombardia con lo sguardo a sinistra. Poi solo centrodestra.
R. In Lombardia è forte la componente moderata. La Dc era capace di interpretarla, stando anche verso sinistra. Caduta la Dc, nessuna forza è stata capace di ricomporre quel quadro. Nessuna tranne gli Arancioni di Pisapia. Per ora, sono una buona soluzione per Milano. Mi auguro lo diventino anche per la regione Lombardia. Per evitare che finisca alla destra. O alla Lega.

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