martedì 13 novembre 2012

Adesso l’autonomia del Mezzogiorno per avviare nuove condizioni economiche e gestire le nostre risorse.

Intervista a Marco Esposito

Cosa è il meridionalismo e in cosa si differenzia dal leghismo? Diciamo prima cosa è il leghismo: è chiusura, è la valle, chi sta all’interno della valle è tuo amico chi sta fuori è uno straniero. Il leghismo è molto vicino alla xenofobia e al razzismo. Il meridionalismo è mediterraneo, è apertura, è accoglienza. In questo senso è tutto il contrario del leghismo.

Si parla spesso del Sud come porta del Mediterraneo per il rilancio del suo sviluppo, ma concretamente cosa si può fare? Innanzitutto non dobbiamo sentirci periferia di nulla d’altro, dobbiamo sentirci noi stessi. Cosa possiamo fare? Sappiamo ormai che i capitali rappresentano una fettina della vera ricchezza che, invece, è rappresentata dalla testa delle persone. È lì che nascono le idee, la capacità di innovare, di creare nuove condizioni sociali ed economiche. Noi abbiamo ancora un fortissimo capitale umano che invece stiamo sottoutilizzando anche perché il Mezzogiorno è la zona d’Europa dove ci sono più persone giovani che non studiano, non lavorano, non fanno formazione, i cosiddetti Neet. È un fenomeno gravissimo perché sono risorse non utilizzate, ma è anche la risposta perché noi abbiamo la possibilità di mettere in movimento tutte queste teste, tutti questi cervelli dando loro però delle opportunità.
E quale è l’opportunità? È quella di mettere insieme i popoli del Mediterraneo, di fare più cultura, più economia, più connessioni senza sentirsi periferia di nessuno. Ovviamente ci vorrebbe una strategia politica nazionale per raggiungere questo obiettivo. Una linea politica nazionale se la nazione lo capisce o una linea politica nazionale nel Mezzogiorno, cioè separatista rispetto alla nazione Italia se il resto di Italia non lo capisce. Io sono convinto che il Mezzogiorno adesso, ma lo dimostrano i dati economici, ha la possibilità di fare da solo non perché sia diventato più bravo, ma perché è stato talmente abbandonato dal Nord che possiamo permetterci quel poco che abbiamo. Se possiamo permetterci quel poco che abbiamo è più giusto che decidiamo noi come gestirlo e non addirittura, quel poco, farlo gestire da altri. Perché gli altri lo gestiscono a loro uso ed interesse.
Ma è realizzabile a breve termine? Io credo alle accelerazioni della storia. Lo si è visto in tantissimi casi in Europa anche di recente. Nessuno pensava che cadesse il muro di Berlino e che rapidamente si arrivasse all’unificazione della Germania che è costata tanto alla parte Ovest per poter veramente realizzare una Germania unita, cosa che, come sappiamo, l’Italia non ha mai voluto fare, in particolare la parte ricca e conquistatrice del paese. Altre separazioni ci sono state rapidamente in modo assolutamente indolore, penso alla Cecoslovacchia e credo sia possibile immaginare per il Mezzogiorno una separazione consensuale. Il punto è: ci conviene rispetto alle regole dello stato italiano? Rispetto alle regole dello stato italiano non ci conviene perché lo stato italiano dice “siete tutti uguali”. Rispetto alla realtà dei fatti e cioè essere maltrattati e calpestati ogni giorno ci conviene. Piuttosto che essere calpestati almeno ce la vediamo da soli.
Molti critici a questa soluzione affermano, con una battuta, che con l’indipendenza si metterebbe il Sud nelle mani di Mafia, N’ndrangheta e Camorra. Cosa ne pensa? Il tema è serio e non si può rispondere con una battuta. Intanto diciamo che Mafia, N’ndrangheta e Camorra, la stanno combattendo i meridionali e lo sentenziano i morti che abbiamo che sono tutti nostri. I risultati che sono stati ottenuti dalla polizia e dalle forze dell’ordine sono straordinari. Detto questo, la Mafia non è un fenomeno che combatti soltanto sul posto e di questo ne è cosciente l’Europa e anche l’Italia, abbiamo visto cosa è successo in Lombardia. È evidente che qualunque sia la soluzione amministrativa dell’Italia e dell’Europa questo è un tema nel quale bisogna combattere tutti quanti insieme. Il Mezzogiorno è formato in stragrande maggioranza da persone che hanno capito che non esiste uno sviluppo nelle mani della criminalità organizzata
Il servizio del Tg regionale del Piemonte in occasione della partita Juventus Napoli e le successive reazioni dei napoletani che hanno portato alla sospensione del giornalista. Qual è la sua opinione al riguardo? C’è un recupero dell’orgoglio dell’essere napoletano. Nella discussione è intervenuto anche Gramellini, il vice direttore de La Stampa accusando chi ha protestato di essere nostalgici dei Borbone che tenevano gran parte della popolazione nella melma. Dopo queste dichiarazioni anche Gramellini è stato sommerso da proteste che affermavano che con i Borbone la situazione non era negativa. Napoli era una città in condizioni migliori del resto di Italia, il che è oggettivamente vero. I dati ormai lo certificano, Napoli era il 44% sopra la media del PIL nazionale al momento dell’unità di Italia. E se passi da più 44% a meno 40% come adesso, non è per una tara genetica altrimenti sennò il più 44% non lo avresti mai fatto, significa che qualcuno è venuto, ti ha derubato, ti ha violentato e ti ha ridotto in condizioni molto più difficili di prima. Gramellini sommerso da critiche si è scusato e ha dichiarato di volersi informare meglio sui Borbone per comprendere meglio la situazione. Sono cose che un tempo non ci sarebbero state. Un tempo subivamo e quindi anche l’orgoglio era in qualche modo calpestato. Quasi noi per primi dicevamo “siamo fatti così etc.”. In questo Pino Aprile è stato fondamentale. Pino Aprile persona e Pino Aprile “contesto”. È importante raccontare quello che è successo, la verità storica e utilizzare questa verità storica non per prendersela con il passato. Oggi nessuno vedendo sulla spiaggia un signore di Amburgo lo chiama nazista. Sarebbe assurdo come lo sarebbe indicare qualcuno come savoiardo. Però sul nazismo la pagina storica è chiusa, su quello che hanno fatto i Savoia nel Mezzogiorno non è chiusa. Finché non sarà chiusa, finché non si certificherà che le industrie principali erano qui, che il livello tecnologico più avanzato era qui e che se la situazione è cambiata è stato per una precisa ed esplicita volontà politica, è chiaro che sarà difficile stare insieme e procedere in modo solidale, che è il modo migliore per crescere tutti e non per crescere ciascuno a danno dell’altro.
Non c’è il rischio di rimanere nostalgici del passato e di non andare avanti anche a causa di una situazione generale che non aiuta? La nostalgia vista così è sicuramente una trappola. L’orgoglio no, è un sentimento positivo quando ti mette in condizione di provarci e di fare altre cose. Detto ciò non possiamo nasconderci dietro a un dito, la crisi mondiale c’è ed è fenomenale. Se per esempio in questo momento i piemontesi se ne andassero per i fatti loro, il Mezzogiorno non diventerebbe ricco dalla sera alla mattina. Il Mezzogiorno sarebbe come la Grecia, un paese in grande difficoltà che cerca con le proprie forze di recuperare la capacità di essere un posto attrattivo per investimenti, turismo, per il recupero dell’equilibrio con il territorio e così via, ma con grande difficoltà. Il punto è che adesso vediamo in tutte le scelte la volontà di dire, come dice uno slogan della Lega Nord “prima il Nord”. Cioè se c’è una cosa da fare va fatta prima al Nord, ma che senso ha prima il Nord? Se c’è un asilo da fare, va fatto dove ci sono bambini senza asilo non guardando la latitudine. Avremmo accettato uno slogan “prima i bianchi”? No, però il razzismo da latitudine non scandalizza nessuno. Il segretario della Lega Nord è stato tranquillamente invitato alla festa del Partito Democratico, che del resto si teneva in Emilia-Romagna, perché anche per il Partito Democratico il Mezzogiorno è qualcosa di lontano e non una parte di noi stessi.
In passato, in alcuni interventi, parlavi della possibilità di separarsi nel caso questa chiusura continuasse per poi attrarre al Sud le migliori menti in circolazione nel mondo. Oggi cosa ne pensa? Quando lo dicevo mancavano ancora dei dati che sono arrivati con l’ultimo “Rapporto Svimez”. Nel 2011 la quota di investimenti statali nel Mezzogiorno è stata del 19%, 18,8% per la precisione. Una quota bassa. La legge dice che doveva essere il 45% e non è mai stata questa la percentuale, si è sempre aggirata intorno al 30%. Nel 2010 era il 25,5%. Perché il passaggio da 25,5 a 18,8 è così grave? Perché la ricchezza del Mezzogiorno e le tasse pagate nel Mezzogiorno sono il 25%. Finché ci davano 25,5 era come dire “voi siete in grado di avere 25, noi vi diamo il 25,5. Non è il 45 che vi spetterebbe per legge, non è il 34 che vi spetterebbe in base alla popolazione, ma è almeno un pochino di più di quello che voi pagate di tasse”. Quando invece diventa meno di 25, e cioè 18,8, vuol dire tu paghi queste tasse in proporzione alla tua ricchezza, io me ne prendo una parte e le spendo al Nord, utilizzo le tue tasse per aumentare il divario Nord-Sud. Questa cosa non si era mai verificata negli anni precedenti, il Sud ha sempre avuto meno di quanto era giusto aspettarsi per legge, ma comunque più di quanto era in grado di fare da solo. Nel 2011 ha ricevuto per la prima volta dal dopoguerra, perché dati precedenti non siamo in grado di averli, meno di quanto è in grado di fare da solo. A questo punto essere addirittura derubati dei soldi nostri per fare investimenti nel Centro-Nord è proprio ridicolo. E per il 2012, i dati ancora non ci sono, ma il trend temo che si sia anche accentuato.
Quindi come si può fare per attrarre i migliori cervelli al Sud e farli rimanere?
Noi abbiamo un territorio molto attrattivo con grandi potenzialità e tante cose che ci sono già però l’attrattività non si traduce in persone e cervelli che vengono perché quando vai a misurarti con la realtà delle cose ti accorgi di arrivare in coda. Se vai nell’università e ti aspetti, per dire, dei finanziamenti per la ricerca, ti accorgi che questi prendono altre direzioni.
È un po’ il discorso che fai per le fondazioni bancarie nel tuo libro “Federalismo avvelenato”. Sì, se le banche utilizzano la loro ricchezza attraverso le fondazioni per ridarle al territorio, vedi che queste vanno a Torino, a Bologna, a Milano, a Verona perché così funzionano le fondazioni. Se noi dividiamo l’Italia, se ci separiamo e diventiamo uno stato autonomo all’interno dell’Unione Europea quindi con la massima circolazione delle persone, con la massima libertà di fare le cose che fa un cittadino europeo a Barcellona come a Napoli e come in Danimarca, cosa costringiamo a fare a determinati soggetti? Le banche vogliono operare sul nostro territorio? Benissimo, sono costrette ad aprire una sede nel nostro territorio. Noi potremmo imporre, perché le leggi le facciamo noi, che una quota degli utili vadano al territorio stesso e non siano, come adesso, il 100% spesi altrove. Il Banco di Napoli nel 2012 ha staccato un dividendo di 166 milioni, non è poco, tutti finiti al Nord. Ha senso che non ci torni niente e che non rimanga niente sul nostro territorio? Persino il responsabile del Banco di Napoli, Castagna, essendo stato il più bravo del gruppo è stato chiamato a fare il responsabile a Milano. Siamo contenti per lui, è un riconoscimento della capacità dei napoletani, ma, ancora una volta, in mancanza di una nostra autonomia, un nostro autogoverno, manca la possibilità di crescere per le persone che operano nei nostri territori. Siamo contenti se qualcuno va via volontariamente. Non siamo contenti quando le persone sono costrette ad andare via.
È un po’ il discorso leghista sul federalismo che dovrebbe dare maggiore responsabilità agli enti locali? C’è un aspetto positivo nel federalismo. È vero che se dai responsabilità a una comunità, sia esso il piccolo comune o un’area metropolitana o una regione, questa responsabilità ti aiuta a gestire meglio le cose. Su questo lo spunto della Lega va utilizzato positivamente. Per loro, però, c’è un retropensiero. L’ obiettivo leghista non è che funzionino meglio i comuni, ma che i soldi prodotti al Nord restino al Nord. Quello era l’obiettivo vero. Per cui hanno costruito un federalismo di fatto che prevede che anche laddove ci dovesse essere, come poi in realtà c’è, un ospedale del Mezzogiorno pienamente efficiente, che non spende un centesimo, che paga la siringa il giusto, etc., quell’ospedale comunque deve avere meno soldi, secondo le regole che sono state scritte dalla Lega, perché è del Mezzogiorno. E questo è inaccettabile. Un conto è dire vogliamo ospedali senza sprechi e un conto quello che sta accadendo, un Sud senza ospedali.
Ma, in conclusione, la soluzione per una rinascita sociale ed economica del Sud è l’indipendenza? Io sono convinto che recuperare l’autogoverno, la capacità e la responsabilità di fare, ci aiuterà anche solo psicologicamente a metterci più energia e dal punto di vista economico finanziario, purtroppo perché ci trattano male, significa anche avere più risorse di oggi.

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