L’Europa ha fatto fare al brianzolo Silvio Berlusconi e al varesotto Umberto Bossi la figura dei veri terroni (e a tutti noi con loro). Intendendo per “terrone” la demenziale tipologia antropologica propagandata per decenni da un nordismo a fumetti: inaffidabile cacciaballe, tappetaro tirapacchi; magari patetico seduttore da balera. Insomma, proprio come il duo padano Bebé-Bobò.
Pena del contrappasso? Molto più semplicemente l’ennesima verifica che aveva proprio ragione Indro Montanelli quando diceva: “Ognuno è un po’ il fascista di un altro” (e, nel caso in questione, la terronità sostituisce il riferimento al “Bieco Ventennio”). Mi viene in mente l’episodio di un amico di Treviso, innamorato di una bella ragazza di Bolzano, che quando la chiese in sposa si sentì rispondere dai di lei genitori che “non volevano meridionali in casa”!
Fatto sta che il tandem umoristico che oggi guida il nostro Paese ci ha riportato agli anni tristi e grigi prima del Miracolo Economico, quando gli emigranti varcavano le Alpi con le valige di cartone tenute assieme dagli spaghi e i ristoranti belgi o svizzeri esibivano cartelli con su scritto “vietato l’ingresso agli italiani”. Questo il bel risultato dell’aver ridotto la politica nazionale al nobile (?) gioco delle “tre carte” (o – se vi piace di più – delle “tre tavolette”); dell’aver consegnato la rappresentanza nazionale a personaggi comici, che con le loro spacconate da Commedia dell’Arte fanno ridere più dei classici Totò e Peppino nella gag col Ghisa in piazza del Duomo a Milano.
Del resto la fisiognomica parla chiaro: Bossi sembra da sempre nordico quanto un bracciante della Sila; Berlusconi, infagottato in quei doppiopetto troppo larghi che lo trasformano in una scatola da scarpe, non sai più se sia il premier o l’imitazione del compianto Oreste Lionello che imita Silvio Berlusconi. E tutto questo con l’accompagnamento della paccottiglia padana di cui si circondano: le ampolle del dio Eridano, il biscione visconteo… Ridicole caricature di una simbologia acchiappacitrulli.
Purtroppo per noi, in Europa ormai sono vaccinati contro i trucchetti maldestri dei magliari venuti dal Sud, stanno in guardia e non se la bevono più. Anzi, si divertono con aria di sufficienza nel vederli ballare la tarantella davanti all’uscio delle loro case, suonare il mandolino e cantare O sole mio vestiti da gondolieri. Per poi passare col piattino a incassare l’obolo di qualche soldarello. Sicché, quando gli spettatori li irridono (vedi Angela Merkel e Nicolas Sarkozy), pretenderebbero vittimisticamente la nostra solidarietà nonostante il discredito che ci hanno causato.
Che vergogna. Ormai i nostri connazionali che pur lavorano con profitto all’estero, quando arrivano le ultime notizie dalla Berlusconia Saudita, cercano di camuffare la loro origine. Conosco il caso di un italiano a Londra che, in tali frangenti, si mette a parlare niente meno che portoghese.
In questa Italia terronizzata dai padani ci vorranno decenni per riprenderci. Certamente dal punto di vista economico, ma anche sotto il profilo dell’immagine, della serietà. Ci vorranno ben altri portavoce per recuperare questa catastrofe di credibilità. Forse bisognerebbe ricorrere a qualche uomo del Sud, per farlo.
Magari un napoletano all’Eduardo, per l’aplomb signorile, o uno di Molfetta alla Gaetano Salvemini, per il rigore morale.
FONTE ilfattoquotidiano.it
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