martedì 8 maggio 2012

La Fornero e Scopelliti. Chi ha paura del meridionalismo?


Matteo Cosenza (nel suo editoriale di lunedì sul Quotidiano della Calabria di cui è direttore), per non esagerare, avverte: “Sono meridionale e, si può dire?, meridionalista”. Mi chiedo: quale meridionalismo circola tra i meridionali e i calabresi?

   La ministra Elsa Fornero nella sua visita in Calabria oltre agli insulti che le vengono rivolti d’ufficio (dai sindacati) s’è guadagnati quelli di osservatori calabresi e politici di tutte le tendenze (meridionali). Semplificando: il Pdl del presidente Raffa le ha spiegato l’inutilità dei suoi viaggi per le sindache; il Pd della on. Lo Moro l’ha ripresa per aver detto che spesso le famiglie privilegiano investimenti nel mattone a quelli nella formazione dei figli (a questo proposito si legga il prezioso cammeo di Paolo Conti sul Corsera di lunedì).
Insomma, la signora Fornero ha fatto il pieno forse pagando per il vezzo di dare addosso a chi viene indicato come un nemico perché la rabbia dei nemici di quelli che indichiamo come nostri nemici ci può procurare qualche amico. Solo il presidente Scopelliti, se non mi sono distratto, ha sottolineato con una dichiarazione le cose dette dalla signora Elsa che forse aveva detto qualcosa da meridionalista. Vediamo.
Si era limitata a dire due cose la ministra che, per la verità, sono state ignorate da tutti.
   La prima: il Sud non è un problema del paese ma una risorsa e, in qualche modo, la soluzione dei suoi problemi. E’ un concetto che viene ripetuto (inutilmente) da anni dai meridionali (prendo anche io il coraggio a due mani: dai meridionalisti), dagli economisti e dai tecnici non agganciati agli uffici stampa e alle cattedre del potere che ha dominato l’ultimo quindicennio. Significa questo: se si vuole fare ripartire il paese e far crescere in modo consistente la sua ricchezza bisogna avere una strategia che faccia crescere la capacità produttiva del Sud non essendo possibile, al di là di possibilità molto limitate, una crescita potente del centro-nord, già intasato dal punto di vista della produzione della ricchezza.
   La seconda: bisogna smetterla con le contrapposizioni tra Nord e Sud e lavorare insieme ai risultati. Parole che non sono state un appello d’ignobile buonismo (sì, anche il buonismo può essere ignobile) ma, in una persona come la Fornero che in modo così “arido” si fa determinare dai contenuti (piacciano o li si trovi feroci). Insomma, ha insinuato la Fornero, bisogna costruire una strategia, al Nord e al Sud, cioè in tutta Italia, capace di bombardare tutti gli ostacoli che si frappongono a questo obiettivo: credito, ordine pubblico, infrastrutture, riforma della giustizia, utilizzo delle punte alte della tecnica, della scienza e dell’innovazione per curare il nostro ambiente, assicurare le montagne, difenderci dai terremoti, ecc. Quindi, una valanga di investimenti non sugli specchietti tipo Ponti e città più o meno metropolitane dello Stretto. Quindi, investire sulla formazione perché i nostri ragazzi siano capaci di vivere correttamente in un mondo destinato a cambiare a un ritmo vorticoso dove le case (se ci sono e per quando staranno fermi in un posto) servono ma ancor di più serviranno l’intelligenza il saper capire, il saper fare cose nuove in continuazione. Bisogna riconoscere che, al pari del primo punto, anche questo secondo non è originale perché pare una nuova formulazione del vecchio “Nord e Sud uniti nella lotta” che servì ai sindacati per vincere l’autunno caldo (a cui era interessato il Nord) dimenticando poi per una lunghissima fase storica il Sud bisognoso di tutte le cose sopra elencate.
   E’ noto che le parole e gli intendimenti non sono mai l’innesco di un processo reale che ha bisogno della fatica, delle gambe e del convincimento di milioni di persone ma nessun processo reale è possibile se non vengono dette le parole giuste o, addirittura, se si pronunziano quelle sbagliate.
   L’ultimo ministro di peso che ha parlato di queste vicende è stato Giulio Tremonti e quando l’ha fatto, in stretta coerenza con le (sciagurate) strategie dei governi di cui è stato protagonista, ha scandito: “Il Sud è la palla al piede dell’Italia”. Una sentenza. Poi, colto dal dubbio che per Bossi, Borghezio, Maroni, Belsito, il Trota e cerchio magico elencando non fosse sufficientemente chiaro, ha aggiunto: “L’Italia settentrionale senza il peso del Sud sarebbe un paese tra i più ricchi del mondo”. Anche lui ha insinuato: liberiamocene.
   Vanno così le cose in Calabria. Il centro destra che s’è accollata a lungo la responsabilità di tenere il sacco a quei governi, con Scopelliti di cui circolano le foto in amabile colazione (istituzionale) con Tremonti plaude alla ministra Fornero: e il Governatore oltre a far bene tenta di far dimenticare il suo appoggio a Tremonti, alla Lega e a tutto il resto; e ci riesce. Il centro sinistra che dovrebbe, alla luce delle parole della Fornero, urlare il fatidico “noi l’avevamo detto” e chiedere il conto al centro destra attacca la ministra a palle incatenate pensando all’articolo 18 (classe operaia del Nord) che sta purtroppo calamitando energie sociali e culturali straordinarie che potrebbero invece venire utilizzate per maggiori garanzie contro il precariato (giovani del Sud) ma purtroppo vengono distratte.
   Insomma, sembriamo un meridione senza meridionalisti.

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