domenica 3 febbraio 2013

Sud: il parco eolico sul viadotto della Salerno Reggio Calabria

La Salerno-Reggio Calabria, autostrada tristemente nota agli automobilisti italiani per gli annosi problemi di viabilità ad oggi irrisolti, cerca il suo riscatto attraverso il progetto Solar Wind, l’ultima novità in fatto di energie rinnovabili.
Il progetto, ideato dagli architetti Giovanna Saracino e Francesco Colarossi, prevede il recupero di un viadotto destinato alla demolizione e la conseguente riqualificazione del tratto autostradale compreso tra Scilla e Bagnara Calabra.

Progetto solar wind, dettagli del Parco Eolico 

Dieci chilometri trasformati in una fonte di energia verde, un autentico “ponte solare” rinforzato con travi reticolari capaci di ospitare 26 turbine eoliche. Tra i piloni del viadotto ne saranno installate 15, con una resa energetica annua di 22.500 MWh, sufficienti ad alimentare 8.500 appartamenti. E c’è anche spazio per una carreggiata riservata ai pedoni che ospiterà serre per la coltivazione di prodotti biologici. L’altra sarà adibita al transito dei veicoli e ricoperta da una pavimentazione fotovoltaica che genererà 11.200 MWh di energia all’anno.Solar Wind si è classificato al 2° posto nel concorso ‘Solar Park South’ indetto dalla Regione Calabria.
La sua realizzazione costerebbe quaranta milioni di euro (pari al costo di smantellamento del viadotto), ma sarebbe comunque vincolata al completamento dei lavori sul tratto principale dell’autostrada A3: questa, infatti, rimarrebbe una strada panoramica secondaria. Viste le code interminabili, i lunghi tratti chiusi in un senso o nell’altro, i cantieri perennemente aperti, le numerose falle del manto autostradale e i danni provocati dalla recenti frane che hanno interessato il territorio calabrese, resta solo da vedere quando l’ammirevole progetto potrà passare dalle parole ai fatti, possibilmente senza infiltrazioni dalla malavita.

Perché le imprese del Sud soffrono di una intrinseca debolezza dovuta a scarsa competitività.

I problemi del SudLa crisi ha reso ancora più persistente il divario tra il Sud e le altre regioni italiane. La conseguenza è una mobilità della condizione di lavoro (occupazione, disoccupazione e inattività) molto più alta. Perché le imprese del Sud soffrono di una intrinseca debolezza dovuta a scarsa competitività.

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Frantumata l'idea di un meridione, orgoglioso, operoso e libero, per la quale Grande Sud era nato

Grande Sud, si dimettono tre coordinatori

I deputati nazionali Salvo Fleres, Ugo Grimaldi e Francesco Stagno d'Alcontres, che nei giorni scorsi avevano rinunciato alla ricandidatura nelle liste di Grande Sud, si sono dimessi dai rispettivi incarichi di coordinatore provinciale di Catania, Enna e Messina ed hanno deciso di dare vita ad una rete civica del Sud. I deputati nazionali Salvo Fleres, Ugo Grimaldi e Francesco Stagno d'Alcontres, che nei giorni scorsi avevano rinunciato alla ricandidatura nelle liste di Grande Sud, si sono dimessi dai rispettivi incarichi di coordinatore provinciale di Catania, Enna e Messina ed hanno deciso di dare vita ad una rete civica del Sud.
 "Le decisioni assunte unilateralmente dai vertici nazionali e regionali di Grande Sud - hanno scritto i tre parlamentari in una loro nota - hanno frantumato l'idea di un meridione, orgoglioso, operoso e libero, per la quale Grande Sud era nato, segnalando l'incapacità della dirigenza del partito nel difendere le ragioni di un Mezzogiorno protagonista, sganciato dalle politiche opportunistiche e cortigiane di PDL, MPA e Lega".

Lino Patruno: "Fra Nord e Sud la verità sul debito"

Occorre rassicurare Monti che il Sud non ha alcuna intenzione di chiedere di più. Può bastare che gli venga dato quanto gli è attribuito. E che quanto gli è attribuito non sia ancora un bancomat dal quale prelevare per qualsiasi necessità, dalle multe ai lattai settentrionali ai contributi ai traghettatori del Lago di Garda. E’ giusto che il presidente abbia ricordato le note dolenti della Questione meridionale: infrastrutture, disoccupazione, innovazione, rispetto della legalità. Problemi da affrontare, giusto anche questo, utilizzando meglio i soldi a disposizione. E non fa una piega il richiamo anche a una Questione Settentrionale: costo della vita, delocalizzazione, nuove povertà, bassa natalità (benché ora siano le mamme terrone a non azzardarsi più a fare figli). E’ vero anche che la crescita è stata deludente a Nord come a Sud. E però nessuno quanto un economista alla Monti sa che sarà tanto più deludente quanto meno crescerà il Sud. Oggi vi lavora il 20 per cento in meno che al Nord: un giacimento di potenziale sviluppo al servizio di tutti. Dove però non si va a scavare lasciando inutilizzata una ricchezza possibile. Né ci sono le condizioni perché il Sud possa fare da solo come vuole, a cominciare appunto dalle infrastrutture. Per dire: se si fa l’alta velocità ferroviaria al Nord, la si faccia anche al Sud. Solo un piccolo esempio di ripartenza nel modo giusto. Una ritrovata coesione sociale e territoriale, ha prospettato il presidente. Per mettere a tacere chi al Sud continua ad aspettarsi solo soldi e assistenza. Ma anche chi continua a vaneggiare di Nord depredato e che non ne può più. Come fa la Lega passata da “Roma ladrona” a “Roma poltrona” e ora tornata a “Roma ladrona”. Mentre il Paese dovrebbe stringersi “a coorte”, costoro convocano il Parlamento della Padania. E ricominciano a parlare di rendita di posizione al Sud senza guardare mai alle loro pensioni di invalidità. Né alle Province che non hanno voluto abolire. Né al loro Ponzellini indagato per associazione a delinquere e che volevano presidente della Banca del Mezzogiorno. Per fortuna dicono di averci sempre pensato loro al Sud: con la polpetta avvelenata del federalismo fiscale. Che parte da una grande menzogna sull’attuale debito pubblico. Correvano gli anni ‘70 quando, in un distratto Ferragosto, gli Stati Uniti annunciarono: il dollaro non è più convertibile in oro. Con la sola guerra del Vietnam ne avevano perse 90 mila tonnellate. Si passava dai cambi fissi fra le monete ai cambi variabili: dalla stabilità alla instabilità. Qualche anno dopo, il secondo conflitto Israele-Arabi portò alla guerra del petrolio: domeniche a piedi e città a luci spente. Ne fu distrutta l’industria pesante che avevano appioppato al Sud, dalla siderurgia alla chimica alla raffinazione. Fu anche la rapina delle banche del Sud dichiarate sommariamente fallite. Occorreva però sostenere la piccola e media industria del Nord. Ecco la “svalutazione competitiva” della lira. Si teneva basso il valore della lira per far costare meno i prodotti che il Nord esportava. Grande inflazione, stampa continua di carta moneta dal valore sempre minore. Quattro le conseguenze, cui nessuno allora fece caso. Uno: l’impoverimento ulteriore del Sud, perché valore basso della lira e inflazione significavano colpire soprattutto i consumatori meno abbienti, i meridionali (come ora con l’aumento dell’Iva). Due: se con la lira svalutata il Nord esportava di più, l’Italia si indebitava sempre di più, anzitutto per pagare il petrolio sempre più caro. Tre: tra caro-petrolio e inflazione, per coprire i buchi di bilancio occorreva chiedere sempre più prestiti (anche allora ai famosi “mercati”). Ecco crescere quel debito pubblico che ci ritroviamo. Con una aggravante, ah signora Merkel: per riunificarsi, la Germania Ovest non dette assistenza all’Est (come si era scelto di fare col nostro Sud), ma attirò i capitali esteri pagando interessi sempre più alti. Su quegli stessi mercati cui anche l’Italia dovette pagare questi interessi crescenti. Quattro: il protezionismo a favore del Nord non solo inguaiò il resto del Paese (leggi Sud). Ma per anni consentì alle imprese del Nord di non pensare a quel minimo di innovazione e produttività che sarebbero stati utili quando sarebbe arrivata la concorrenza senza ombrello (la globalizzazione). Per questo oggi nelle classifiche della produttività l’Italia è sotto anche allo Zimbawe. Per questo abbiamo i salari più bassi d’Europa ma il costo industriale più alto. Quando il carnevale finì, e grazie al privilegio concesso al Nord tutta l’Italia dovette pagare più tasse, allora la Lega lanciò la rivolta fiscale contro “Roma ladrona”: non volevano pagare le tasse che essi stessi avevano determinato per tutti. E fu allora che inventarono il federalismo fiscale. Ciascuno si tiene i suoi soldi. Non vogliamo dare soldi al Sud. Quel Sud al quale non solo non avevano mai dato soldi, ma che avevano ancor più impoverito con l’inflazione per i loro comodi. Anche questo il Sud deve ricordare a chi lo accusa mentre esordisce Monti. La coesione nazionale si poggia anzitutto sulla verità. Anche se potrà indispettire il signor Bossi che Monti sia uno di Milano, cioè delle sue parti.

LEGA NORD ABRUZZO: "Non si tratta quindi di fare un progetto Padania, ma di fare un progetto di sviluppo per ciascuna area del paese."

Dal sito della LEGA NORD ABRUZZO:
Il nuovo Mezzogiorno

L'esigenza di trovare nuovi livelli di efficienza e quindi nuove e più adeguate modalità di governo dell'economia e della società non vale solo per la Padania, ma per tutte le aree del paese. Non si tratta quindi di fare un progetto Padania, ma di fare un progetto di sviluppo per ciascuna area del paese. Le trasformazioni economiche hanno coinvolto infatti tutte le aree, a partire dal Mezzogiorno, del quale è ormai impossibile parlare genericamente come di un problema unico. La realtà economica del Mezzogiorno si presenta infatti oggi all'osservatore come una formazione a mosaico: l'omogeneità – peraltro mai esistita – di un Mezzogiorno indifferenziato ha lasciato il passo a una pluralità di situazioni. All'interno delle stesse regioni possiamo riscontrare presenze a carattere dominante molto diverso: così, le molteplici aree caratterizzate da buon dinamismo a base locale possono confinare con la perdurante staticità di situazioni di mancato sviluppo. Le ricerche in corso consentono di osservare il giustapporsi, e talora l'intrecciarsi, di aree a «sviluppo diffuso» (soprattutto alcune province adriatiche e campane), di «declino industriale» (i poli creati dalla Cassa per il Mezzogiorno), di «stagnazione metropolitana» (più o meno combinata con fattori di dinamismo nelle diverse città) e di «stagnazione periferica» (soprattutto aree interne con bassi livelli di reddito e poco dinamismo). I confini delle regioni tradizionali spesso sono incapaci di delimitare tali situazioni e se, fra quelle possibili, una nuova configurazione economica del territorio meridionale sembra emergere è quella di un'ampia dorsale adriatica, meglio capace di generare forme di crescita autosostenuta, contrapposta a una fascia tirrenica più problematica. Anche per le regioni meridionali si pone quindi un problema di nuova organizzazione uscendo da una dizione che dopo oltre cento anni ha dimostrato chiaramente l'usura del tempo, e dimenticando la fotografia appiattita e opaca troppo spesso mostrata da un generico uso del termine Mezzogiorno. Per quanto lungi dall'essere esaurite, le nostre ricerche già fin d'ora suggeriscono che il problema della governabilità delle aree economiche, che potremmo per comodità chiamare mesoregionali, si presenta in tutto il paese. Ciò non significa, come già si è detto, appiattire il progetto del nuovo Stato sul problema della governabilità dell'area economica. Vi è la necessità di dare la giusta importanza ad altri criteri quali l'esigenza di conservare un giusto equilibrio fra le diverse aree del paese, al fine di conservare adeguata efficienza a livello del sistema Italia, che, proprio perché sistema, deve conservare un suo equilibrio. Dunque, può non esserci coincidenza fra il nuovo livello di governo e la razionalità del progetto economico, ma quest'ultimo comunque deve essere un elemento importante di valutazione.

SANNIO: tra Alta capacità e sviluppo del territorio


Progetto QVQC: Tra Alta capacità e sviluppo del territorio

treno altà capacitàSi è svolta sabato 2 febbraio, a Benevento, presso Palazzo San Domenico, sede del Rettorato dell’Università del Sannio, una giornata di studio dal titolo ”Progetto QVQC – Laboratorio Territoriale: L’area metropolitana di Napoli nel contesto della Regione Campania”. Il laboratorio itinerante è stato organizzato dall’associazione “QVQC” (Quale Velocità, Quale Città) con “FS Sistemi Urbani” per sensibilizzare sulle trasformazioni che si stanno determinando nei territori attraversati dalla Alta Velocità e Alta Capacità delle tratte ferroviarie nuove o potenziate per avere tali caratteristiche.

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No Triv Sannio: "La manodopera specializzata verrà dal Nord. A noi resterà un territorio povero e devastato"

Per il comitato con le trivelle solo danni ambietali e nessuna ricchezza per le popolazioni Fermare le trivelle e salvare il territorio. Il Comitato No Triv Sannio, da poco costituito, non perde tempo e continua ad organizzare iniziative per far comprendere alla popolazione i rischi che le trivellazioni petrolifere comportano per l'ambiente e il territorio sannita. Giovedì 7 febbraio, alle ore 18.00, al Palazzo del Volontariato, si svolgerà il primo incontro di autoformazione. Un geologo del coordinamento esporrà le ragioni tecniche dell'opposizione alle trivellazioni. A seguire, videoproiezione ed assemblea.

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Quante storie per 3 poltrone perse nel Sannio

A proposito degli attacchi lanciati in questi giorni dai tre parlamentari sanniti uscenti che sono stati esclusi dalle liste per le elezioni per la Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica E’ finita. Ed è andata tutto sommato anche bene per chi sente suonare la campana per se stesso, nel senso politico del termine. Si tranquillizzino gli ex parlamentari sanniti esclusi dalle vergognose liste bloccate che impediscono ai cittadini di eleggere chi vogliono e impongono i nomi dei favoriti dei partiti.

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Ecco presentato il prodotto da scaffale del Centro Destra Italiano: GRANDE SUD

Ecco presentato il prodotto da scaffale del Centro Destra Italiano: GRANDE SUD 

E' TUTTO STUDIATO A TAVOLINO E CALATO DALL'ALTO.
Diffidate da chi vuole vendervi l'ennesimo "detersivo"

NOI SIAMO ASSOLUTAMENTE CONTRO QUESTO ULTERIORE FURTO
ANCHE DEI NOSTRI SOGNI
Parte il progetto del Partito del Sud, movimento politico territoriale del Mezzogiorno e per il Mezzogiorno per dare forza alle istanze del Sud, con l’apertura della campagna elettorale del movimento il Grande Sud che a Napoli ha presentato i candidati campani. Giunge così al traguardo il patto federativo tra le tre formazioni politiche, il progetto di partito del Sud con l’obiettivo di “essere la fucina del nuovo meridionalismo, il cenacolo intorno al quale devono ritrovarsi i giovani, gli intellettuali che hanno a cuore la nostra terra, gli industriali che vogliono realmente investire nel Sud”"Grande Sud - ha detto il capolista al Senato, Salvatore Ronghi - è un progetto politico serio e concreto per portare in Parlamento la vertenza Mezzogiorno e dare forza alle richieste dei nostri territori perché - ha aggiunto - per troppo tempo il Sud è stato vittima di politiche assistenzialistiche che ne hanno svilito le potenzialità e lo hanno tenuto fuori dall'agenda di governo".“Favorire il sud in contrapposizione con la Lega Nord, nessun assistenzialismo ma sostegno alle imprese e ai giovani per evitare la fuga dei cervelli e dare possibilità di futuro e crescita nel proprio territorio” questi sono alcuni dei punti fondamentale espressi dal candidato Stanislao Lanzotti intervenuto alla presentazione:“Sono i giovani imprenditori la spina dorsale di Grande Sud in Campania, e questo partito ha nei suoi progetti garantire crescita al Sud e una maggior tutela dei diritti del Mezzogiorno”Intervenuto alla presentazione anche Gianfranco Miccichè candidato al Senato, e leader di Grande Sud, (anche se non vuole essere definito tale), che ha sottolineato l’importanza di una forza Parlamentare rappresentativa del Sud per avere un peso a Roma e incidere sulle decisioni. Miccichè poi ha concluso il suo intervento così: “ Il Grande Sud deve essere un baluardo contro le ruberie fatte al Mezzogiorno, noi siamo cittadini del Sud e dobbiamo difendere il nostro territorio, in politica si deve essere forti e insieme possiamo portare dei risultati”.

Nunzia De Girolamo «Veneti contadini» È un putiferio

Ha suscitato polemiche sia da destra che da sinistra la dichiarazione sul Veneto «terra di contadini» fatta dalla parlamentare Pdl Nunzia De Girolamo alla trasmissione Rai Agorà. Per il leghista Massimo Bitonci, «i contadini veneti hanno lavorato la terra mantenendo figli e nipoti del Nord e anche qualche amico del Sud, da dove viene la De Girolamo, ai tempi in cui in Campania l'attività preponderante era un'altra. La De Girolamo gradisce gli stereotipi veicolati dai media nazionali per distruggere le identità locali». «De Girolamo ha affermato che il Veneto è solo terra dei contadini. Come dire che a Napoli tutti suonano il mandolino», sottolinea la segretaria del Pd Veneto, Rosanna Filippin, » La sua è una rappresentazione da operetta degli anni 50. Il Veneto è la prima regione italiana per presenze turistiche, è casa di imprenditori che investono in ricerca e innovazione, sede di una delle università più antiche al mondo». Non meno severo il giudizio di Laura Puppato: «Mi ha impressionato questa concezione sciagurata, antica e fuori dalla realtà della De Girolamo», rileva l'esponente Pd, che era tra gli ospiti della trasmissione. Per Alberto Giorgetti, collega di partito della De Girolamo, «l'affermazione va interpretata come una gaffe o semplicemente come poca conoscenza della storia del Veneto e della sua attività rurale e contadina che ha fatto la storia dell'intero Paese. Scivoloni di questo tipo vanno accettati limitatamente ad un'ingenua inconsapevolezza di ciò che si afferma. In caso diverso credo che ogni veneto sia fiero di una tradizione secolare agricola conosciuta in tutto il mondo». È un discorso, osserva Antonio de Poli (Udc), «fuori dalla realtà. È il Veneto dei contadini che produce e ha fatto crescere economicamente la nostra regione e il Nord Est». Per il coordinatore veronese di Veneto Stato, Giacomo Mirto, quelle della De Girolamo sono «parole vergognose dette da chi, dati economici alla mano, vive sulle nostre spalle e vede nell'assistenzialismo l'unico vero regime economico con cui campare». È una nefandezza senza fine». «Ricordo all'amica De Girolamo», aggiunge Paola Frassinetti (Fratelli d'Italia), «che i veneti fanno da traino all'economia italiana sia con industrie e piccole e medie imprese sia con l'agricoltura e il lavoro della terra. Oltretutto se la De Girolamo pensava di insultarli, si è sbagliata di grosso: i veneti vanno fieri delle loro origini contadine, l'agricoltura del nord-est è un vanto per tutta l' Italia».

Con le macroregioni ci sono nuove opportunità per le imprese

I territori diventano piazza per il consenso più che spazio del racconto. Le Regioni sono importanti non tanto per i processi reali che le attraversano ma per i calcoli del "maledetto-benedetto" premio per il Senato. Nel rumore di fondo fa capolino la proposta leghista della macroregione. Valutata come l'ennesima boutade dei "barbari sognanti" a supporto del piatto forte del 75% delle tasse che devono restare in Lombardia. Infatti si discute aspramente del dito dell'imposizione fiscale dimenticandoci della luna. Che è ben delineata nel libro "Il grande nord" del candidato studioso Bruno Galli. Si parte dalla carta di Chivasso, dall'analisi della crisi dello stato nazione di Gianfranco Miglio e passando per le macroregioni italiane della Fondazione Agnelli si arriva alla macroregione europea. Si disegna un cerchio attorno alla Svizzera che partendo dallo spazio alpino e andando giù verso le pianure va dalla Lombardia verso la Slovenia l'Austria la Baviera e l'Alsazia per tornare verso il Rodano-Alpi e il Limonte (Liguria-Piemonte). Appare uno spazio di posizione la cui rappresentazione è ben lontana e altro dall'antieuropeismo d'accatto alla Borghezio. Quando le dinamiche territoriali vengono quotate nei flussi della politica, quando si fanno slogan per il consenso, è buona cosa non sottovalutarli ma sottoporli alla critica verificando il sentire, e la vibratilità del margine e dei microcosmi territoriali. Poschiavo, borgo di confine del Canton Grigioni con l'alta Lombardia. Ci passa il rosso trenino del Bernina che porta a vedere il parco a tema di St Moritz e a Davos. Su iniziativa svizzera è stata aperta un'università del legno che specializza nella filiera che va dal bosco al design. L'iniziativa del cantone svizzero è riconosciuta anche dalla regione Lombardia e sostenuta da un importante contributo tecnologico e finanziario dalla nostra impresa leader nelle macchine per il legno, la Scm di Rimini. Sul confine si dice che forse potevamo essere noi gli ideatori dell'iniziativa. Conta nulla in tempi di Erasmus. Ai giovani valtellinesi che vorranno basterà attraversare il confine avendo chiaro che green economy significa anche rivitalizzazione e manutenzione dei boschi. Se dall'università transfrontaliera di Poschiavo si passa alle dinamiche delle imprese alla ricerca delle opportunità di tassazione, servizi e costo del lavoro la musica cambia. Si conferma la tesi dello storico Hosbaum che le differenze sono più al centro delle nazioni che sulla frontiera. Come documenta l'inchiesta di Laura Cavestri (si veda Il Sole 24 Ore del 30 gennaio). È un dettagliato elenco di agenzie di attrazione di imprese e investimenti sulla frontiera: Copernico per il Ticino, Aba-invest in Austria, Erai del Rodano-Alpi sino alla Slovenia. Documentano l'esodo oltre frontiera delle nostre imprese alla ricerca della tassazione del 20% in Ticino, delle autorizzazioni in sette giorni per nuovi impianti in parchi industriali in Austria, del credito di imposta che detassa sino al 50% gli investimenti in ricerca e sviluppo del Rodano-Alpi sino al costo del lavoro in Slovenia -15% con detrazioni fiscali per le imprese fino al 40%. Piccolo elenco che sembra l'eden sul confine. Basta aver percorso i territori da Torino a Pordenone e oltre, passando per la Lombardia, per capire che lo spazio di posizione e di rappresentazione degli imprenditori piccoli e medi fa apparire Lubiana, Vienna, Monaco, Lione e Strasburgo. Quelli che hanno un po' di reti lunghe guardano a questo spazio europeo come uno spazio da percorrere prima di guardare alla Cina e al Brasile. Sono le avanguardie agenti di un confronto vero di un'Europa manifatturiera in metamorfosi dentro la crisi. Al di là dello spread il confronto tra politiche industriali è all'ordine del giorno. Senza queste avanguardie l'Italia rischia di non essere più il secondo paese manifatturiero d'Europa ma, confrontandosi con i tedeschi, si dice chiaramente che se noi non ce la faremo loro non potranno più essere tranquillamente i primi. Sui confini ci si interroga, come ha ricordato Romano Prodi, sull'uscita dalla crisi che non può essere solo finanziaria ma presuppone un ridisegno del modello industriale europeo: riprogettare un'Europa delle imprese e del lavoro. Questi processi reali, queste fibrillazioni territoriali e transfrontaliere di tutto hanno bisogno tranne che di ritrovarsi a breve raccontati solo in una logica di macroregione europea che sta a nord e il resto d'Italia che sta a sud. Sarà bene ricordare che la Commissione Europea negli anni '90 lanciando i progetti per le euroregioni delineò non solo lo spazio alpino ma, solo per citarne una, la macroregione danubiana che guardava a sud verso la Turchia o lo spazio geoeconomico euromediterraneo. Farne una rappresentazione politica istituzionale di secessione dolce in nome dell'Europa guardando solo alle posizioni localistiche del partito di Haider in Carinzia, alla Lega Ticinese e alla Lega Nord mi pare una forzatura che tiene conto solo di ciò che avviene sulla frontiera e trascura lo spazio da costruire delle politiche industriali europee. Molto dipenderà da quanto si saprà rilanciare l'Europa come progetto politico. Sarà importante e auspicabile mettere questi temi nell'agenda politica del dopo elezioni. I rettori del politecnico di Milano e Torino e i rettori delle università milanesi hanno recentemente disegnato un ruolo trainante per Milano come città globale del sistema paese in uno spazio euromediterraneo.

ISTAT: LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI SEMPRE PIU' GIU' AL SUD


A gennaio l'indice del clima di fiducia dei consumatori in base 2005=100 diminuisce a 84,6 da 85,7 di dicembre. Registrano flessioni sia la componente riferita al clima personale (da 90,7 a 89,3), sia, in misura più lieve, quella relativa al clima economico generale (da 72,9 a 72,7).
Diminuiscono l'indicatore del clima corrente (da 91,4 a 90,9) e quello riferito alla situazione futura (da 78,0 a 77,1). Peggiorano lievemente sia i giudizi sia le aspettative sulla situazione economica dell'Italia (da -133 a -135 e da -60 a -61 i relativi saldi). Aumentano le attese sulla disoccupazione (da 104 a 106 il saldo).

Anche le opinioni e le attese sulla situazione economica della famiglia peggiorano (da -74 a -79 e da -33 a-38 i rispettivi saldi). A livello territoriale, il clima di fiducia aumenta lievemente nel Nord-ovest, mentre diminuisce nel Nord-est, al Centro e nel Mezzogiorno.

Per Scotto (SEL): "Caldoro alfiere di un meridionalismo targato Lega Nord"

Caldoro dopo anni di sudditanza dalla Lega di Bossi e Tremonti , pensa di poter dare una svolta al PDL fondando l'ennesimo partitino in salsa meridionalista insieme al pluriinquisito Dell'Utri. Non solo i cittadini, i lavoratori e le aziende campane stanno affrontando questa crisi senza che ci sia stata alcuna seria politica regionale dia loro sostegno, ma Stefano Caldoro si permette anche di usare a pretesto i guai di una regione flagellata dalla mancanza di politiche di sviluppo - in maggior parte dovute alla stessa giunta regionale, - ribadisce Scotto -, per una operazione politica di facciata, che risolve nessun problema ma che serve solo come bacino di voti per una destra italiana che aspira ad allearsi nuovamente alla Lega Nord. Il Presidente della Regione dovrebbe dare una risposta concreta a tutti i cittadini Campani – afferma Scotto , agli utenti dei servizi di trasporto pubblico allo sfascio, ai lavoratori delle partecipate che non percepisco lo stipendio da mesi, ai lavoratori in cassa integrazione senza prospettive occupazionali, agli operatori e gli utenti di un servizio sanitario malato, alle associazioni di volontariato che non hanno visto rinnovate le convenzioni, al sistema della formazione che non ha linee guida; il popolo della Campania, non chiede a Caldoro un nuovo partito politico, ma concretezza nella soluzione dei problemi, prerogativa esclusiva di un buon Presidente di Regione. La sua effige apposta su un manifesto – conclude Scotto - servirà sicuramente a far chiarezza con quale parte politica vorrà continuare a governare la regione e di chi vorrà essere ancora suddito, ma servirà anche a tutte quelle forze politiche, come Sinistra Ecologia e Libertà, che chiedono un cambiamento di rotta per il governo nazionale e che si battono per la fine anticipata di questa disastrosa esperienza di governo regionale.